La comunicazione del brand può subire dei cambiamenti anche sostanziali nel corso del tempo a causa di vari fattori: si parla in questi casi di rebranding (significato: rivitalizzazione del marchio), un processo di modificazione nella brand identity delicato ma talvolta necessario. Mettere le mani sull’identità costruita con fatica nel tempo è un’operazione molto rischiosa, tanto che possiamo trovare studi accademici specifici come quello di Brand communication al POLIMI, o testi approfonditi e verticali come Brand communication (Gabrielli, Il Mulino). Questo per dire che studiare branding e comunicazione non è materia che si possa risolvere in pochi minuti: in questo articolo vogliamo darvi un’idea generale del significato di rebranding, attraverso vari esempi e case study, ricordandovi però di affidarvi sempre a un team di professionisti quando e se vorrete intraprendere questa strategia.

Rebranding: cos’è e cosa rappresenta nella comunicazione di brand
Il rebranding è il processo attraverso il quale un’azienda muta alcune caratteristiche della propria brand identity. Se è vero infatti che la coerenza è una delle caratteristiche fondamentali per la memorabilità di un brand, bisogna anche prendere atto che rimanere al passo con l’evoluzione dei tempi e delle tendenze ha altrettanta importanza. Per questo molte aziende, soprattutto storiche, si sono trovate a intraprendere il delicato processo del rebranding marketing, spesso trovandone giovamento. Certo nell’ambito della comunicazione il rebranding è una delle strategie più complesse e rischiose, per questo è importante affidarsi a professionisti affermati del settore che possano pianificare l’evoluzione in maniera solida e controllata. Pensate infatti a quanto sia complesso il processo di costruzione della brand identity, della fatica e delle strategie attuate per farla apprendere ai consumatori: bene immaginate ora cosa voglia dire cambiare questa percezione e avrete compreso la difficoltà del rebranding! Ricordate inoltre che per ogni brand la comunicazione non è un accessorio, ma il modo in cui volente o nolente, si presenta a stakeholder e clienti.

Perché fare rebranding?
Il rebranding può riguardare il brand design dell’azienda come il logo, la color palette, il carattere tipografico, ma anche lo slogan e addirittura il nome del brand. Esistono molteplici fattori che possono spingere un’azienda a fare rebranding: vediamone insieme alcune.
- Evoluzione del mercato: soprattutto per i brand più longevi, può capitare che innovazioni, mutamenti tecnologici e culturali rendano stantia la brand identity nel corso degli anni o che i consumatori cambino gusti e interessi. Questo è uno dei motivi principali per cui le aziende applicano un’operazione di svecchiamento all’immagine della propria azienda, rendendola competitiva con i brand più giovani. Nel campo dell’automotive questo problema è stato particolarmente sentito, proprio per la lunga vita delle aziende automobilistiche.
- Evoluzione del target: l’azienda può essere interessata ad ampliare la vendita a una diversa nicchia di consumatori che aveva prima ignorato. È il caso di Desigual che modifica la propria brand identity per integrate il target di nuovi giovani con quello dei clienti storici ormai più che adulti.
- Sviluppo e crescita aziendale: nel corso della sua vita un brand può acquisire nuove sfere di competenza con l’incremento di nuove linee di prodotti o servizi, oppure può mirare a una differente fascia di prezzo, processo chiamato nello specifico repositioning. Vedremo questo caso con l’azienda cartiera Fedrigoni, che nel tempo ha acquisito diversi sottomarchi nel campo degli autoadesivi.
- Crisi della brand reputation: può accadere anche che a seguito di una cattiva gestione o di uno scandalo il brand assuma una cattiva reputazione sul mercato. In questo caso il rebranding sarà sostanziale e mirerà a dare una nuova vita all’azienda con la costruzione di una nuova percezione presso il pubblico. Un esempio è costituito dal brand Dolce e Gabbana dalla comunicazione controversa che ha portanto a un rebranding mirato soprattutto al mercato orientale.
- Acquisto o fusione dell’azienda: per questioni di ordine legale è possibile che un’azienda intraprenda il processo di rebranding a seguito di un cambiamento societario.
Con Tiramisù abbiamo operato numerosi rebranding, come nel caso del brand Labcare cosmetic, per il quale siamo intervenuti con un restyling del sito web o nel caso di Aleph che desiderava una nuova immagine per confermare l’autorevolezza già acquisita sul territorio anche online attraverso un nuovo logo, un nuovo sito web e un posizionamento social adeguato. Offline le nostre competenze si sono applicate come nel caso della rinomata Cremeria del Sasso, famosa gelateria di Arenzano per la quale siamo intervenuti sul restyling del punto vendita.

Tipologie di rebranding
Come abbiamo già accennato il rebranding può coinvolgere aspetti diversi nell’identità di un’azienda, anche a seconda del motivo per cui si decide di applicare questa strategia. Vediamo quindi le principali tipologie.
- Rebranding totale: strategia invasiva che porta alla modifica di tutti gli elementi principali con cui si identificano comunicazione e branding aziendale come nome, logo, mission, payoff, color palette, posizionamento ecc.
- Rebranding parziale: interessa solo alcuni elementi come per esempio il logo o l’introduzione di una nuova linea di di prodotti/servizi.
- Rebranding evolutivo: solitamente coinvolge solo il logo, il payoff o in generale gli elementi di brand desing. Non sconvolge tutta la brand identity ma la adatta all’evoluzione in atto all’interno dell’azienda.
- Rebranding rivoluzionario: è molto invasivo e può arrivare al cambiamento stesso del nome. Si verifica spesso quando il cambiamento nell’azienda è radicale e vuole essere percepito in modo immediato da consumatori e stakeholder.
- Rebranging proattivo: in questo caso il processo è una decisione interna all’azienda che sente la necessità di adattarsi a cambiamenti interni o esterni, per rimanere al passo con i tempi.
- Rebranding reattivo: avviene a seguito di fattori che non sono prettamente sotto il controllo dell’azienda, quindi non come decisione consapevole ma come adattamento a eventi esterni anche imprevisti.

Rebranding: esempi dal mondo automotive
Il settore delle case automobilistiche è sempre stato molto dinamico anche nella brand comunication: per questo negli ultimi anni molte aziende del settore hanno operato un rebranding con strategie diverse ma mirate a un obiettivo comune, quello di svecchiare il marchio e rappresentare l’aggiornamento dei valori aziendali con le nuove prospettive del mondo contemporaneo. Molti brand hanno quindi operato un rebranding del logo, ma anche del payoff, della color palette e del posizionamento sul mercato.
Partiamo con Peugeot, una delle più antiche case automobilistiche, che ha operato un rebranding nel 2021 modificando il logo, la color palette e la brand identity. Per Peugeot il rebranding è servito a rappresentare esteriormente il cambiamento interno all’azienda, un cambiamento “di atteggiamento, un nuovo stato d’animo, un nuovo stile di vita.”
Sempre nel 2021 anche il Renault rebranding, con un evoluzione del logo che mira a mostrare un’identità più vivace, contemporanea e digitale del brand. Con questo rebranding, Renault vuole dare di sé l’immagine di un’azienda aperta, che dà valore al capitale umano e guarda al futuro.
Proseguendo sempre tra le case automobilistiche, incontriamo Dacia: un rebranding di logo, color palette e brand identity porta l’azienda ad abbandonare colori freddi e metallici legati al Novecento e all’immaginario che all’epoca si aveva delle auto, mentre vengono adottati un pittogramma e un logotipo essenziali, minimalisti che suggeriscono un’idea di affidabilità e solidità del brand. Con questa strategia Dacia vuole ripensare al proprio posizionamento sul mercato, distaccandosi dall’immaginario del motore a scoppio per andare verso il mercato dell’elettrico e del sostenibile: si tratta quindi anche di una strategia di repositionign.
Passiamo ora al rebranding di Kia che presenta un nuovo logo e un nuovo payoff: il logo ricorda una firma scritta a mano e vuole simboleggiare la cura e la vicinanza dell’azienda al cliente, mentre il claim recita Movement that inspires. Kia vuole quindi essere di ispirazione per i suoi clienti, conquistando un ruolo da protagonista nel campo dell’automotive.
Concludiamo il capitolo delle case automobilistiche con l’Opel rebranding, che si inscrive nella linea di evoluzione di logo, color palette e brand identity con il fine di svecchiare il brand e renderlo moderno e coraggioso. Opel vuole portare a una democratizzazione dell’innovazione, facendo proprio il valore dell’inclusività.

Rebranding: case study
Anche in altri settori non mancano certo esempi celebri di rebranding aziendale. Soprattutto negli ultimi decenni sembra che la cultura globale abbia compiuto un’evoluzione davanti alla quale le aziende storiche non possono tirarsi indietro: per questo assistiamo a una serie di rebranding famosi da parte di brand che sentono l’esigenza di distaccarsi dalla loro immagine novecentesca per tuffarsi nel nuovo millennio.
Rebranding nel mondo del fashion design: Burberry, Gucci, Desigual
Troviamo una valorizzazione dell’heritage aziendale nel rebranding di Burberry, che con la direzione creativa di Riccardo Tisci, assume un nuovo linguaggio visuale. Il lettering passa dal Bodoni al Sans-serif in grassetto e si accompagna a un monogramma che omaggia il fondatore Thomas Burberry. Molto interessante la scelta dei colori dal gusto retrò che risultano tuttavia completamente contemporanei, soluzione adottata anche da Gucci nella comunicazione complessiva del brand. Un ottimo esempio di vintage che diventa contemporaneo, di tradizione proiettata al futuro, grazie alla visione creativa e lungimirante di artisti di alto livello.
Rimanendo nel settore fashion ma su tutt’altro posizionamento del mercato, analizziamo il rebranding di Desigual: nel 2019 l’azienda, nata a metà degli anni Ottanta, si rende conto del mutamento del proprio target. I giovani a cui si è rivolta fino ad allora sono nel frattempo cresciuti e diventati i nuovi adulti. Per questo il chief marketing manager Guillem Gallego dichiara di voler aggiornare il brand per continuare a servire gli attuali clienti, ma allo stesso tempo aprirsi anche ai nuovi giovani che hanno esigenze e valori diversi. Il risultato? Un nuovo logo in cui la scritta Desigual compare rovesciata a significare un ritorno alle origini e lo spirito controcorrente del brand. La rinuncia al colore in favore di un concept minimalista, essenziale, meno vivace ma più limpido. Un fashion design che riprende i capi iconici del brand e li rivisita in chiave contemporanea. Un’operazione radicale e coraggiosa che premia l’azienda con un rinnovato vigore sul mercato.

McDonald’s
Il rebranding di McDonald’s a livello Europeo mira a trasformare la multinazionale in un’azienda che possa adattare il proprio menu ai prodotti del territorio locale: in questo modo McDonald’s vuole migliorare la propria brand reputation in un continente dove il fast food veniva identificato con l’idea di cibo scadente a basso prezzo, ottenuto tramite sfruttamento ambientale e umano. Per questo McDonald’s cambia il colore del logo passando dal rosso acceso tipico del fast food, a un verde rassicurante che mette al centro il tema dell’ecologia. McDonald’s cambia così tutta la comunicazione del brand proponendosi come ecosostenibile agli occhi dei propri stakeholder e dei consumatori.
Enel
Per Enel un rebranding che proietta l’azienda nel futuro: nel mondo tecnologico aumentano le nostre possibilità, ma anche la nostra richiesta di energia. Con questo rebranding Enel vuole dichiararsi pronta a raccogliere la sfida. Da qui il nuovo payoff Open power, che comunica i nuovi valori: apertura verso le persone e le tecnologie in continua evoluzione. Dallo stesso concetto è stato elaborato il nuovo logo che traduce l’idea di energia e movimento in una forma fluida e dai colori cangianti.

Fedrigoni
Proseguiamo il nostro viaggio con il Fedrigoni rebranding: dal 1888 l’azienda cartaria si lega al mondo dell’arte e del design, connessione che vuole riaffermare in ottica globale con un brand design che esprima audacia, forza e sicurezza. Nella strategia di rebranding l’azienda ha puntato a dividere a livello visivo la produzione di carta dai materiali autoadesivi, includendo anche i sottomarchi acquisiti più recentemente. Il risultato finale è un logo raffinato e chiaro che si richiama alle radici italiane, una color palette in bianco e nero declinata su grigi freddi, e il simbolo dello scudo con la data di fondazione che rappresenta l’heritage aziendale.

Visa
Il rebranding di Visa mira invece ad ampliare la concezione dell’azienda a livello globale: non solo una società di carte di credito, ma una rete di persone affidabile e solida, pronta a guidare il commercio in tutto il mondo. A livello di visual il logo è stato lievemente modificato ma con un effetto di impatto: il logotipo Visa viene infatti separato dalle due strisce blu e gialla (i cui colori sono più luminosi) e ognuno di questi elementi prende vita propria alleggerendo la visualizzazione sui supporti digitali. Le due strisce colorate diventano così assimilabili al simbolo di “=”, incarnando i valori di uguaglianza e inclusività promossi dal brand.

Collistar
Per Collistar un rebranding minimo del logo, i cui elementi rimangono essenzialmente invariati cambiando però ordine: il monogramma viene posto accanto al nome del brand mentre il payoff viene messo da parte in favore di una maggiore leggibilità ed essenzialità.
Abbiamo quindi visto molti esempi con cui per i brand la comunicazione è stata rinnovata con successo: e tu hai mai pensato di portare nuova linfa vitale all’immagine della tua azienda? Da Tiramisù siamo pronti a intraprendere insieme questo percorso, attraverso un attenta analisi dell’heritage, del mercato e dei cambiamenti culturali in atto.